ZEROCALCARE Dopo il botto è una
mostra che accoglie in sé due anime, faccia delle stessa medaglia: da un
lato i suoi protagonisti, ciascuno emblema di un portato simbolico
esistenziale e collettivo di valori legati alla sopravvivenza della
propria pelle in un contesto ormai sempre più difficile da vivere;
dall’altra ricorda al visitatore che ancora è possibile fare “un pezzo
di strada insieme” a chi ha gli stessi obiettivi, nutrire una passione
collettiva connessa all’ideale di resistenza politica, ai grandi temi
dell’uomo comune di fronte alle prove della vita.
Se, infatti,
il frantumarsi di una comunità - come raccontato dall’autore in Macerie
prime (2017) e Macerie prime sei mesi dopo (2018) - è una reazione di
sopravvivenza legata alla condizione di incertezza che si vive, per
Zerocalcare la vera soluzione passa attraverso un’azione collettiva che
ogni giorno viene messa in campo.
Sin da
subito, l’allestimento di mostra proietta il visitatore all’interno di
una città immaginifica e post-apocalittica dove, al centro della scena, è
posta una strada circondata da palazzi disegnati dall’autore.
Le
facciate degli edifici colpiti da un cataclisma planetario portano
inevitabilmente a una riflessione su quanto le nostre vite private e il
nostro contribuito nella dimensione collettiva siano cambiate a seguito
della pandemia: dietro le porte tombate delle case s'intravedono gli
occhi di chi cerca fughe di sopravvivenza e tentacoli di animali
mostruosi tentano il largo.
A partire da questo
scenario, tra teche espositive contenenti alcune delle tavole
realizzate dall’autore durante i mesi del lockdown, si snodano le varie
sezioni che articolano la mostra seguendo i temi più cari a Zerocalcare:
dalle forme di resistenza incarnate dal popolo curdo, ai lavoratori che
protestano per condizioni di vita più dignitose; dal ruolo delle donne
alle molte altre battaglie condotte da gente comune come espressione di
quotidiana resistenza.
Questi uomini e gli storici
protagonisti zerocalcareschi - dal Cinghiale, al Secco, a Lady Cocca –
sono gli abitanti di questa città apparentemente disastrata ma che,
invece, mantiene fuochi di vitale resistenza, emblematicamente
rappresentata da una fiammella sorretta da alcuni di loro che, come
un'apparizione, si stagliano lungo il percorso.
L'esposizione
si sviluppa poi nelle due aree retrostanti gli edifici, pensate come
due differenti “mondi”, quello interno e quello esterno all’autore.
Se,
infatti, da una parte trovano spazio i contenuti riferiti alle
relazioni e alle ingiustizie sociali - Strati (L’Essenziale n. 15,
2022), La memoria è un ingranaggio collettivo (La nostra storia alla
sbarra, 2004) e tavole come La Rabbia (2016) tratte dal mondo punk da
cui proviene l’autore e che corrisponde alla sua tribù d’appartenenza -,
dall’altra si accede al mondo biografico, alla vita interiore di
Zerocalcare, a quella di tutti i giorni dove le angosce e le paure
dell’artista raccontano in realtà la vita di tanti di noi, con il filo
dell'ironia a legare tutta la sua produzione.
Chiudono
il percorso i Santi protettori, ritratti su tela e foglie d’oro
provenienti dall’immaginario mitico dell’autore che rappresentano i
tipici personaggi del suo repertorio, alcuni famosi, altri meno noti:
dal T-rex a Lady Cocca del Robin Hood, dal mitico cantante dei Nirvana,
Kurt Cobain all’anarchico italiano Gaetano Bresci, fino alla coraggiosa
difensora dei diritti umani Nasrin e al ‘Secco’, storico amico di Rech.
I
santi hanno un ruolo simbolico all’interno del percorso espositivo sia
come segno di protezione che come combattenti contro l’inequità e
l’ingiustizia del nostro presente. Icone centrali per la nostra
contemporaneità che raccontano, in maniera scanzonata, che i santi e gli
eroi di oggi non sono solo quelli che sacrificano la propria vita con
gesta memorabili ma sono - anche e soprattutto - quelli che combattono
quotidianamente per avere un posto nel mondo.